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Il paese



IL territorio comunale di Bosa, dalla superficie di 128,02 m², si trova in una regione collinare-litoranea con altitudine media di 279,1 m s.l.m., nel contesto geografico dell'altopiano della Planargia, chiuso a sud dalla catena del Montiferru, a est dal Marghine e dalla Campeda, a ovest dal mar di Sardegna e a nord dalla dorsale dei rilievi di Sa Pittada (788 m s.l.m.) e di monte Mannu (la vetta più elevata del territorio con i suoi 802 m s.l.m.). È attraversato dal corso del Temo, l'unico fiume navigabile della Sardegna (per circa 6 km), nella cui piana alluvionale si trova adagiato il centro abitato, il quale, da un nucleo medievale posizionato sulle pendici del colle di Serravalle (81 m s.l.m.), si è esteso a partire dall'Ottocento verso valle e, dal Novecento, sino alla foce e in direzione della costa, ove si è sviluppata una stazione balneare, Bosa Marina.

Dal punto di vista geologico, il territorio di Bosa è alquanto eterogeneo e tormentato, caratterizzato da rocce vulcaniche risalenti al periodo oligo-miocenico, principalmente rioliti, riodaciti e daciti con alcuni affioramenti di rocce basaltiche. Il fiume Temo separa a monte le ampie formazioni trachitoidi inferiori di monte Navrino (532 m) dalle andesiti superiori più orientali di monte Pedru (409 m) e di monte Rughe (666 m). Sulla costa, molto frastagliata e lunga 33 km, si distinguono i tufi trachitici a sud del promontorio di punta Argentina dalle più antiche andesiti inferiori di capo Marrargiu, dove si aprono grotte naturali e miniere sfruttate fino ai primi del Novecento.

Numerosi sono gli edifici religiosi eretti sul territorio comunale, molti dei quali continuano ad arricchire il tessuto urbano cittadino, fornendo testimonianza del variare del gusto architettonico e del modo di intendere la fede nel corso dei secoli, dagli ambienti spogli di una delle prime costruzioni romaniche della Sardegna, la chiesa di San Pietro, per arrivare agli interni barocchi della concattedrale dell'Immacolata Concezione, passando per i messaggi biblici espressi dagli affreschi della chiesa palatina di Nostra Signora de Sos Regnos Altos, rarissimo esempio di pittura parietale trecentesca nella regione. Tra gli edifici religiosi scomparsi, invece, si annoverano le chiese di Santa Maria Maddalena (distrutta nel 1870 per far spazio all'attuale piazza Costituzione), Santa Maria de Sole, Sant'Antonio di Padova, San Bartolomeo, Santa Barbara, Santa Margarita

Nell'XI secolo, nei pressi della necropoli dell'abitato romano, in località Calameda, si edificò l'antica chiesa di San Pietro in stile romanico lombardo (o pisano). L'iscrizione del vescovo Costantino de Castra, custodita all'interno della chiesa, tramanda la memoria dell'inizio della fabbrica nel 1073. La chiesa venne successivamente dotata di torre campanaria e ampliata sia verso l'abside (1110-1120) sia verso il prospetto, in stile gotico, che può forse essere attribuito ad Anselmo di Como (fine XIII secolo). In età giudicale fu sede della diocesi di Bosa, svolgendo la funzione di cattedrale. Costruita in conci di pietra vulcanica, presenta un'aula a tre navate e abside poligonale. La navata mediana è coperta con tetto in legno, mentre quelle laterali sono voltate a crociera. I setti divisori sono costituiti da arcate che si impostano su pilastri a sezione rettangolare.

Al XIII secolo si fa risalire l'erezione dell'impianto originario delle chiese di San Giovanni Battista, presso l'attuale cimitero, e di Santa Maria di Caraveta con l'annesso monastero maschile cistercense, in località Abbamala, (già in stato di abbandono nel 1580). Una seconda chiesa cistercense, intitolata a santa Maria Salvada e con un monastero femminile annesso, sorgeva nei pressi della fonte di su Anzu, nei pressi delle antiche mura dell'abitato romano. Agli inizi del secolo risale anche la costruzione, ai piedi del colle di Serravalle, della chiesa di Santa Maria, sulla quale verrà edificata la cattedrale ottocentesca. Al XIV secolo risalirebbe la costruzione, forse su un edificio preesistente, della chiesa palatina di san Giovanni al castello.

Il complesso delle vecchie concerie fu eretto tra il Seicento e il Settecento lungo la riva sinistra del Temo, in prossimità del Ponte Vecchio, e raggiunse la sua massima operatività nel XIX secolo diventando il maggior centro conciario della Sardegna con ventotto strutture in attività. Completamente dismesse nel 1962, le vecchie concerie sono state classificate come monumento nazionale[52], in quanto rara testimonianza di architettura industriale all'interno di un contesto urbano che concorre a caratterizzare. Le strutture, pertanto, sono state sottoposte a misure di tutela che ne hanno consentito il recupero e la valorizzazione dopo il degrado seguito al loro abbandono.

Si tratta di un insieme di stabilimenti conciari che occupano una superficie coperta di 4 000 m², estendendosi – con uno schema modulare ripetitivo a timpani affiancati. All'interno delle singole strutture, l'area era divisa in un piano terra con vasca in muratura, ove avveniva la lavorazione delle pelli, e in un piano superiore, nel quale si procedeva alla rifinitura.

Il Ponte Nazionale, meglio conosciuto come Ponte Vecchio (Pont'ezzu in sardo) venne edificato, in trachite rossa e a tre arcate, su disegno dell'ingegnere del genio civile Carlo Pizzagalli, nel 1871. Ha sostituito quello precedente – in legno e a sette archi – crollato all'inizio del XIX secolo.







 

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